Le stelle di Miss Leavitt – work in progress

 

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“La natura è un bellissimo arazzo, del quale noi possiamo vedere solo il retro e, osservandone i fili lenti, proviamo a cercare di capire il disegno che sta davanti”

(J.D. Barrow – Le teorie del tutto.)

Il ricamo è una tecnica che ha origini lontanissime e si intreccia con la narrazione della grande storia e della Storia dell’Arte, ma nel suo lento procedere, invisibile e silenzioso, non è mai stata riconosciuta come uno strumento di ricerca artistica, sia perchè era una mansione femminile, sia perchè le arti maggiori erano solo quelle riguardanti la pittura, scultura e architettura. 

Le donne trovavano il loro senso di libertà negli ambienti in cui si riunivano a tessere o a ricamare e mi piace pensare che, durante l’epoca del medioevo ellenico, fossero questi i luoghi nei quali le madri raccontavano i miti omerici ai loro figli, mantenendo in vita la narrazione che ha dato origine all’arte e alla cultura greca durante un’epoca in cui si era persa anche la scrittura.

Nel corso della storia e delle grandi vicende di conquista e di scoperta, esiste dunque un sottosuolo culturale invisibile e del tutto femminile, creatosi grazie alla silenziosa disciplina del ricamo che passa attraverso la storia del filo – un tessuto denso, intrecciato strettamente nella rete dei grandi avvenimenti, che ha saputo trasformare il pensiero del mondo senza far rumore, senza creare abbaglianti esplosioni, senza farsi intercettare, per non interrompere l’unico flusso possibile verso la connessione con l’infinito a cui le donne avevano accesso: una “materia oscura della grande storia”.

Oggi le cose sono diverse, ma il punto sul quale vorrei concertare la mia riflessione, è di far emergere un modo diverso di pensare il ricamo: è la possibilità di considerarlo come metodo di indagine dentro le logiche del processo scientifico. 

Il mio percorso artistico inizia dall’accademia di belle arti, pittura, i miei maestri, fino ai 35 anni, erano esclusivamente tutti uomini, la mia formazione occidentale è stata tutta al maschile.

Quando ho iniziato a ricamare ho dovuto ripartire da zero, dimenticare tutto, acquisire nuovi strumenti, un nuovo sguardo da posare sulla tela, entrare nelle logiche dei punti e dei materiali; tutto è cambiato, nel mondo del filo, gli strumenti e i pensieri sono diversi, lo spazio di lavoro è diverso, così come le pose e i gesti che ho iniziato ad assumere.

Mi sono resa conto che nello spazio grande quanto una sedia e un telaio, avevo iniziato ad esplorare l’infinito. 

L’idea per l’artista è tutto, ma lo sono di più i processi di apprendimento attraverso la ricerca, gli spostamenti inaspettati, le logiche sovvertite e le dislocazioni dalle certezze.

Ho scoperto che questo mio modo di lavorare è una disciplina che segue un ordine geometrico, dettagli invisibili che sorgono dalla precisione di esecuzione, tutto ciò mi ha svelato un silenzioso dialogo tra razionale e irrazionale, tra logica e intuizione, tra ciò che posso controllare sul dritto della tela e ciò che mi sfugge e accade sul suo rovescio.

Nel mio appassionarmi alla fisica delle particelle in particolare e poi successivamente ad alcuni argomenti dell’astrofisica, ho iniziato a trovare delle assonanze tra quello che percepivo ricamando e ciò che mi spingeva verso le tematiche di questa scienza.

Assonanze che hanno origine dalla storia del mondo, dalla simbologia universale e dalla nascita delle grandi civiltà dell’umanità.

Tutto questo è intrecciato in una rete di fili, punti, distanze, relazioni e sovrapposizioni di materia (tessile nel mio caso).

Ogni mio lavoro, è dunque un insieme di processi, che si sviluppano lungo una linea invisibile che li interconnette; per me ricamare significa narrare, indagare, progettare, mettermi in relazione con lo spazio/tempo e con il mondo che mi circonda.

Ogni opera è un insieme di processi che cercano di far emergere un contenuto complesso e impercettibile, un insieme di codici che imparo a decifrare mano mano che procedo.

Le ultime due mostre sono il risultato di una ricerca legata al rapporto tra essere umano e natura, nelle quali ho lavorato esplorando i codici e le connessioni che ci legano ad essa.

Radici e foglie soltanto link al teaser

Edificio delle linfe link al teaser

La natura del filo richiede la relazione tra persone, ambiente, spazio e soprattutto richiede Tempo: mettersi in ascolto, attendere, raccogliere, unire e restituire.

L’interesse che nutro per la fisica delle particelle e l’astrofisica, nasce proprio dalla relazione che ho imparato a riconoscere tra il mio modo di lavorare con il ricamo e le modalità di esplorare l’invisibile dell’universo, come se fossero due facce della stessa medaglia, un retro e un verso di un tessuto in divenire.

Di tutta questa storia che da anni sto cercando di mettere insieme per far emergere la mia visione completa, mi manca un pezzo fondamentale: il confronto con i ricercatori, il dialogo con la scienza, il lavoro di scoperta che solo attraverso l’incontro tra le diverse discipline e il pensiero divergente, può generare direzioni di indagine ancora inesplorate.

Ultimamente è venuta in mio aiuto la storia di *Henrietta Leavitt, la sua ricerca mi ha acceso una scintilla, un’intuizione, tanto da farmi sentire la vicinanza con il suo modo di ricercare le distanze tra le cefeidi. *( in fondo trovi la definizione di Cefeide)

Nella sua posa compressa e delimitata, ha trovato il metodo per misurare l’immensurabile.

Ha metaforicamente “toccato con mano” l’infinito, restando seduta e concentrata in uno spazio circoscritto.

Ciò che sento legarmi a lei, è questa percezione dello spazio compresso e del movimento minimo e allo stesso tempo, con il filo, collego distanze che creano mondi, in una crescente sensazione di espansione, quello che avviene sotto il mio sguardo e tra le mie mani, mi permette in qualche modo di “toccare” l’infinito con le dita.

Sono affascinata dalla necessità umana di indagare le misure impensabili che si estendono oltre la posa, esplorando la vastità ed è questo il motivo per cui so che il mio lavoro potrebbe avere una svolta importante se solo avessi l’occasione di confrontarmi con i ricercatori sulla fisica delle particelle, lo studio sull’origine dell’universo e la sua espansione.

Partendo dagli schemi delle variabili della Leavitt, ho iniziato a riportare a ricamo, le “stelle nere nelle notti bianche” che emergevano dalle sue lastre sovrapposte, positivo su negativo.

Mentre attentamente ricamo i punti delle stelle, sul retro della tela si forma una rete di distanze e connessioni fatte di filo nero, un disegno di geometrie in espansione che non dipendono dalla mia volontà, ma dallo spostamento di un punto rispetto ad un altro.

Il disegno che appare sul retro della tela svela direzioni che sul davanti non possono essere percepite, ma anche viceversa. 

La citazione di Barrow, trova corpo in questo gesto.

Il processo si svela solo nel suo farsi.

Sto progettando una serie di disegni che siano l’insieme delle informazioni raccolte dagli schedari delle Leavitt, per creare un grande ricamo distribuito su 7 tele.

Ricamare ogni punto, ogni codice scaturito dall’indagine delle forme della natura e dei suoi modi di manifestarsi.

Sul retro della tela verranno a comporsi delle reti, un disegno al negativo, un motivo impensabile, attraverso il gesto.

Il mio è un lavoro minuzioso, preciso, molto lungo, come quello della Leavitt, fino a comporre una installazione fatta di teli sospesi.

Punto dopo punto, posati tutti sulla superficie della tela, simbolo di creazione perpetua e trasformazione in divenire.

Un retro della tela che possa suggerire uno sguardo “opposto”, una lettura femminile, irrazionale e sensibile che vorrei potesse aggiungere un piccolo granello al grande puzzle sull’origine dell’universo.

La frase di Barrow con cui ho aperto il mio testo, accompagna da anni la mia arte e ora sento che è arrivato il momento dell’incontro tra la mia ricerca artistica e quella scientifica.

 

Ogni tela è grande 70x270cm l’una.

Lungo le linee che collegano le galassie alle braccia protese, sono riportate a ricamo le coordinate registrate da Miss Leavitt tra il 1904 e il 1908 delle 1777 variabili nelle Nubi di Magellano, prese dal suo resoconto pubblicato negli “Annali dell’osservatorio Astronomico di Harvard College” composto di 21 pagine, di cui, due lastre e 15 pagine di tabelle.

Le opere sono ricamate a mano con filo di cotone nero, ritorto fiorentino e perline. Le immagini qui sotto, mostrano il work in progress, il lavoro è ancora in corso e non sono opere definitive.

Sto lavorando anche alla progettazione di come verranno esposte: una struttura in alluminio a forma di gabbia aperta nella quale sarà possibile entrare per vedere il retro e il verso delle tele.

 

Scorri per vedere le immagini del work in progress

QUI il video dell’esecuzione del punto

 

*Henrietta Leavitt: 

Henrietta Leavitt ha capito che le Cefeidi, stelle con luminosità variabile ma regolare, a seconda della loro grandezza, possono essere usate come unità di misura per determinare le distanze non misurabili con i sitemi meccanici fino ad allora in uso. Questo ha permesso di ampliare la visione dell’universo oltre le distanze calcolabili rendendo tridimensionale la percezione dello spazio oltre il confine raggiunto nei primi del ‘900.

Il metodo scoperto da Henrietta, è stato la base sul quale Edwin Hubble ha successivamente scoperto l’espansione dell’universo.

Leavitt iniziò a lavorare nel 1893 presso l’Osservatorio di Harvard come donna computer, cioè con le mansioni di calcolatore manuale. Le donne, fino a quel momento non prese in considerazione come astronome, ebbero quest’occasione perché servivano specialisti a basso costo per catalogare la posizione, il colore e la magnitudine delle stelle osservabili.

Le donne “computer” erano impiegate per studiare le lastre fotografiche delle stelle e per effettuare calcoli, il che spiega il loro nome.

Leavitt fu assunta da Edward Pickering per misurare e catalogare la luminosità delle stelle nelle fotografie dell’osservatorio. Notò centinaia di stelle variabili, le cefeidi, nelle immagini delle Nubi di Magellano notando che alcune tra quelle stelle mostravano una regolarità: le più luminose avevano anche un periodo più lungo. Dopo alcuni studi, confermò nel 1912 che le stelle variabili oggi chiamate cefeidi.

Un anno dopo la pubblicazione dei risultati, Ejnar Hertzsprung determinò la distanza di parecchie cefeidi all’interno della Via Lattea. Quando inoltre si scoprirono numerose cefeidi anche in altre galassie, come in quella di Andromeda, fu semplice calcolarne la distanza. In questo modo si pose fine al Grande Dibattito riguardante l’appartenenza o meno delle galassie alla Via Lattea.

Leavitt lavorò sporadicamente durante gli anni ad Harvard, spesso ostacolata da problemi di salute e doveri familiari. Ma dal 1921, quando Harlow Shapley prese il posto di direttore dell’Osservatorio, lei fu messa a capo della sezione che si occupava di fotometria astronomica. Morì di cancro alla fine di quell’anno.

Leavitt, tra le altre scoperte, ha scoperto 5 novae.

*Cefeidi: Le cefeidi sono importanti perché permettono di misurare le distanze delle galassie. Si sa infatti che il tempo che passa tra un picco e l’altro di massima luminosità (il “periodo”) è costante, ma varia da stella a stella: più lungo è il periodo, maggiore è la luminosità.

Misurando il periodo di una cefeide si può risalire alla sua luminosità reale che, confrontata con quella apparente, consente di stimare la distanza. Il sistema è stato scoperto da Henrietta Leavitt per calcolare la distanza della Piccola Nube di Magellano: 230 mila anni luce da noi.

Le cefeidi sono stelle variabili, che “pulsano” come lucciole, cambiando cioè periodicamente la loro luminosità, passando gradualmente da una fase di minimo splendore a una di massimo. Il prototipo di questo tipo di stelle è delta Cephei (che ha dato il nome alla “categoria”), nella costellazione di Cepheus.

Le cefeidi sono stelle instabili: si gonfiano e si sgonfiano periodicamente, variando così le loro dimensioni. È proprio questo fenomeno a causare la variazione di luminosità: al minimo di luminosità la stella raggiunge la massima estensione, mentre diventa sempre più piccola man mano che la luminosità aumenta.

 

 

 

bozzetti delle 7 tele – dimensioni 70×270 cm l’uno

 

 

 

 

 

 

retro delle tele

 

fronte

 

dettaglio retro – work in progress

 

dettaglio retro – work in progress

 

 

fase del ricamo