Interview by Isabelle Clothiers IT/EN

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Spiega l’importanza o il simbolismo del modello nelle tue opere d’arte.

Ho iniziato a usare la tecnica del ricamo nel 2007, dopo che per molti anni ho dedicato la mia rcerca alla pittura. Ho scoperto e incontrato il filo grazie all’aiuto di una persona che mi ha insegnato a vedere quanta ampiezza di possibilità creative esiste nel ricamare.

Ora, il filo è protagonista delle mie opere e lo intendo come metafora dell’identità della donna: l’origine del linguaggio femminile.

I luoghi nei quali avveniva la narrazione orale e il tramandare dei miti e delle storie, erano i luoghi della tessitura e del ricamo, perchè mentre tessevano, le donne raccontavano e tramandavano le gesta di uomini, eroi e divinità.

Per questo il filo si fa storia e memoria allo stesso tempo, ma anche identità, origine e relazione.

Parlami del tema della tua serie, ‘Mend of Me’. Perché hai scelto questo titolo?

La  serie “Mend of me”, è nata proprio da questo concetto: capire il legame che congiunge la donna al filo, ripercorrendo la storia del femminile a ritroso per riportare al presente qualcosa che ci siamo perse nei millenni, qualcosa che ha a che fare con un’educazione sociale prevalentemente maschile.

Significa che forse la donna ha perso la proria memoria, non ricorda più il suo punto di partenza.

Questo è il motivo per il quale ho pensato al “rammendo” di sé, rammendare se stesse per ridefinire i confini della nostra identità.

Le donne che ho ricamato, sono tutti dei ritratti, delle storie vere, delle identità femminili coraggiose che hanno lottato per essere se stesse senza condizionamenti culturali o sociali, che hanno cercato di essere soprattutto chi volevano essere: libere di esserlo.

Questo è un gesto coraggioso e spesso molto doloroso, perchè ti isola rendendoti diversa da come la società precostituita, ti vorrebbe.

E non c’è gesto più forte di quello di superare un dolore.

Di voler guarire da ciò che ferisce.

Quanto tempo ti ci vuole per creare un unico artwork?

Ci vuole molto tempo, perchè la maggior parte delle mie tele è ricamata a mano.

A volte applico degli elementi con la macchina da cucire, ma è solo una piccola parte di tutto il lavoro.

Il tempo è parte dell’opera, perchè è tutto ciò che di essa non si vede, perchè vive e si sviluppa nell’attesa.

Attendo il lento farsi della figura che prende forma e, anche se c’è un progetto iniziale molto chiaro, lascio che si costruisca come una lenta metamorfosi.

Che cosa è della forma umanache ti affascina / ti interessa?

È la sua fragilità, il suo lento trasformarsi, caduco e inconsapevole.

L’essere umano è come un tessuto da ricamare.

Dove trovi la maggior parte dell’ispirazione per i tuoi lavori?

Sono quasi sempre partita da esperienze personali, racconto prima la mia storia poi cerco altre storie e altre persone.

Chiedo loro di mettersi in gioco, di posare per me e raccontarmi la loro fragilità perché possa essere rammendata.

Cosa ti piace del tuo lavoro?

Mi piace il tempo e l’attesa. Mi piace pensare che mi sto prendendo cura di una guarigione,

mi piace il suono dell’ago quando batte sulla tela e il filo che la scorre.

Mi piace camminare per andare a cercare spine e germogli da applicare sui ricami.

Mi piace guardare il retro del tessuto dopo che è finito e scoprire che mi sta dicendo cose che ancora non conosco.

Nome di 3 artisti  cui vorresti essere paragonato.

Amo profondamente un’artista italiana che si chiama Maria Lai, è un’artista sarda che negli anni 70 era già riuscita a trasformare il filo e il ricamo in un linguaggio artistico, dimostrando che esiste una profonda differenza tra maschile e femminile e che non possiamo esistere senza la consapevolezza di questa dualità.

Uscendo dalla tradizione della tecnica, ha saputo ridefinire l’origine per essere “del presente.”

Altra artista contemporanea è Gina Pane, una donna che siè messa in gioco con tutto il suo corpo e che ha saputo guarire per risorgere. Stessa cosa per Louise Borgeois.

Come vorresti che le altre persone rispondano di fronte alla tua arte?

Chi guarda le mie opere, non deve rispondere a me, ma a se stesso.

Cosa prenderesti in considerazione di alcuni dei tuoi maggiori punti di forza e di debolezza artistiche?

La mia forza è la costanza del gesto, la sua ripetitività, perchè mentre ricamo sento l’estraniamento, come una meditazione.

Ricamando si diventa forti perchè ci sono tante ore di lavoro sempre nella stessa posa, è una continua performance e quando per motividi altra natura, sono costretta a non entrare nella mia trance, sento che le mie energie non sono piu in equilibirio.

La debolezza invece è che tutto questo fare e divenire, non interessa al mercato dell’arte, dove tutto deve essere veloce e moderno, provocatorio e istantaneo, come fosse una pubblicità per un prodotto di moda.

La mia opera è una continua provocazione silenziosa, ma è fuori dal tempo, perchè non riguarda la ferita, ma la guarigione della ferita.

E il mondo non pensa a guarire.

Come si fa a sapere quando hai raggiunto il successo? Come fai a sapere quando un’opera è finita?

Ci sono diversi tipi di successo. Ricordo una scena delfilm su Basquiat della regia di Schnabel, in cui l’amico di Jean Michel, gli chiedeva se voleva diventare famoso o se voleva fare l’artista.

Sono due livelli diversi.

L’arte è ricerca, non intrattenimento.

Quindi non è il successo che conta, ma quanto nell’essere artista, si riesce a rimanere liberi.

Cosa ne pensi del mondo dell’arte?

Non lo penso.

Credo che tutto ciò che c’è sia necessario. Penso che esiste una cattiva arte e una buona arte, ma questo dipende da quanto si è disposti a cambiare, a osservare, ad ascoltare e soprattutto a continuare a studiare.

Pensi che l’arte contemporanea è più sul confronto piuttosto che la creatività?

La creatività è il punto di partenza, ma non basta a fare l’artista.

Il confronto è necessario, ma solo quando si è disposti a cambiare la propria postazione nel guardare il mondo.

 

ENGLISH VERSION
Explain the importance or symbolism of pattern in your artworks
I began to use embroidery as a technique in 2007,after many years of dedicating myself to research in painting.
My discovery of, and encounter with thread is due to a person who taught me the vast creative possibilities exist in the act of embroidering. Now Thread is the main player in my work and I think of it as a metaphor for female identity: the origin of female language.
The place where oral narratives and the transmission f myth and story telling were the places of weaving and embroidery, because, whilst weaving, women told and passed down the actions of men, of heroes and divinities.
For this the thread becomes the story and memory, but also identity, origin and relationship.

Tell me about the theme of your series, ‘Mend Me’. Why did you choose this title?
The series is born of this very concept: to understand the connection between the female and thread, delving back into the story of the feminine aspect to bring it into the present: that something which we have lost over time due to a social conditioning in large part masculine. Perhpas this means that woman has lost her own story and the original point of departure.
This is why I first thought of ‘mending’: mending ourselves to rediscover the boundaries of our own identity.
The women in the embroideries all come from portraits, real stories, brave women who have fought to be their true selves beyond cultural and social conditioning, who wanted to be free to be whomever they wanted to be.
This is in itself a courageous gesture, and a painful one which can isolate , given the nature of society’s reconstructions of how a woman should be.
And there is no greater act than overcoming pain. To want to heal from that which has wounded.

How long does it take you to create a single artwork?
A long time, because most of my work is hand embroidered. At times i add appliqués with a sewing machine, but this is a small aspect. Time is intrinsic to the work, because it is what remains unseen: it lives and develops in the waiting. I await the slow becoming of the embroidered figure, and even if the initial project may be very clear, I allow it to construct like a slow metamorphosis.

What is it about the human form that captivates/interests you?
The fragility, the slow transformation, deciduous and unknowing. The human being is like a cloth to be embroidered.

Where do you gather most of the inspiration for your works?
I find it nearly always from personal experience; first I tell my story and then I look for other stories and people. I ask them to be open, to pose for me and to tell me their fragilities that I might mend them.

What do you like about your work
I like the aspect of time and anticipation. I like to think I am taking care of a healing process, I like the sound of the needle when it touches the cloth and the thread it pulls.
I like to walk to find thorns and seeds to apply to the embroideries.
i like to look at the reverse of the cloth after completion and discover I am being told things I did not previously know.

Name 3 artists that you would like to be compared to.
I have a deep love for an Italian artist called Maria Lai. She is a Sardinian artist who, in the seventies, had already transformed thread and embroidery into a new visual language, demonstrating that a profound difference can exist between the male and the female and that we cannot truly ‘be’ without an awareness of this duality.
Moving out of technical tradition, she knew how to redefine the origin to be ”in the present”. Another artist is Gina Pane, a woman who put herself into play with her entire body and who learnt to heal in order to rise again. Likewise for Louise Bourgeois

How do you think/want other people to respond to your art?
Who looks at my art is not answerable to me, but to themselves.

What would you consider some of your greatest artistic strengths and weaknesses?
My strength lies in the constancy of the gesture, the repetitive, because when I embroider I feel estrangement, as in the act of meditation.
by the act of embroidery one becomes strong because one is seated for ours in the same position; it is a continual performance and when for one reason or another I am obliged to not enter into this trance-like state,I can feel that my energies are no longer in equilibrium.
My weakness instead is that all this doing and becoming has no value in the art market (at least in Italy) where all must be fast and contemporary, provocative and instantaneous, as if an advertisement for a fashion item.
My work is intact a continuous provocation, but outside time, because it does not concern itself with the wound, but with the healing of the wound. And our world does not concern itself with healing.

How do you know when you have achieved success? How do you know when an artwork is finished?
There are different types of success. I remember a scene in the film on Basquiat directed by Julian Schnabel where the former is asked if he wants to be famous or to be an artist.
They are two different levels.
Art is research,not entertainment. So it is not ‘success’ which is of importance, but how much we artists maintain our freedom.

What do you think of the art world?
I don’t think about it. I think all that exists is necessary. I believe there exists good art and bad art: but this depends on how much one is prepared to change, to observe, to listen and to keep learning.

Do you think contemporary art is more about confrontation rather than creativity?
I think that creativity is the point of departure, but it is not enough to make an artist. And I believe that confrontation is necessary but only when one is open to changing one’s own way of seeing the world